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Sembra incredibile come ancora oggi la maggior parte dei medici di famiglia, della guardia medica, del pronto soccorso, e in generale quasi tutti gli specialisti,  minimizzino i sintomi dell’ansia che rientrano sia nel disturbo d’ansia generalizzata che nel disturbo di panico, senza fornire le dovute indicazioni terapeutiche, ma liquidando i pazienti con delle raccomandazioni “alla buona” (“ma lei non ha niente, torni a casa e si faccia una sana dormita”!), e con un po’ di Valium li rispediscono a casa, dove la paura per le sintomatologie fisiche li riporteranno nuovamente nelle strutture di primo intervento.

I disturbi di panico e di ansia generalizzata presentano dei quadri sintomatologici molto precisi e a dispetto delle loro manifetazioni prettamente fisiche, la loro natura è esclusivamente psicologica (di solito sono diagnosi di esclusione) e per tanto curabili con la psicoterapia che favorisce innanzitutto la consapevolizzazione dei propri processi automatici che innescano il funzionamento psicopatologico, e poi il cambiamento di tali processi verso altri più funzionali e soprattutto autentici.
Vediamo più da vicino, in maniera sintetica, i sintomi che caratterizzano i due disturbi d’ansia.

DISTURBO DI PANICO
A. Ricorrenti attacchi di panico inaspettati. Un attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti, periodo durante il quale si verificano quattro (o più) dei seguenti sintomi:
1. Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia.
2. Sudorazione.
3. Tremori fini o a grandi scosse.
4. Dispnea o sensazione di soffocamento.
5. Sensazione di asfissia.
6. Dolore o fastidio al petto.
7. Nausea o disturbi addominali.
8. Sensazioni di vertigine, di instabilità, di “testa leggera” o di svenimento.
9. Brividi o vampate di calore.
10. Parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio).
11. Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi).
12. Paura di perdere il controllo o di “impazzire”.
13. Paura di morire.
B. Almeno uno degli attacchi è stato seguito da un mese (o più) di uno o entrambi i seguenti sintomi:
1. Preoccupazione persistente per l’insorgere di altri attacchi o per le loro conseguenze (per es., perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, “impazzire”).
2. Significativa alterazione disadattiva del comportamento correlata agli attacchi (per es., comportamenti pianificati al fine di evitare di avere attacchi di panico, come l’evitamento dell’esercizio fisico oppure di situazioni non familiari).
C. L’alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., una droga, un farmaco) o di un’altra condizione medica (per es., ipertiroidismo, disturbi cardiopolmonari).
D. Gli attacchi di panico non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATA
A. Ansia e preoccupazione (attesa apprensiva) eccessive, che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, relative a una quantità di eventi o di attività (come prestazioni lavorative o scolastiche).
B. L’individuo ha difficoltà nel controllare la preoccupazione.
C. L’ansia e la preoccupazione sono associate a tre (o più) dei sei seguenti sintomi (con almeno alcuni sintomi presenti per la maggior parte dei giorni negli ultimi 6 mesi):
1. Irrequietezza, o sentirsi tesi/e, “con i nervi a fior di pelle”.
2. Facile affaticamento.
3. Difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria.
4. Irritabilità.
5. Tensione muscolare.
6. Alterazioni del sonno (difficoltà a addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto e insoddisfacente).
D. L’ansia, la preoccupazione o i sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
E. La condizione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., una droga, un farmaco) o di un’altra condizione medica (per es., ipertiroidismo).
F. Il disturbo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale.

Per ogni disturbo c’è uno specialista che se ne occupa, se il disturbo è legato alla sfera psicologica (in assenza di un’altra patologia che ne giustifichi i sintomi) si invia dallo psicoterapeuta che fa una diagnosi più approfondita e propone una cura adeguata. In questi casi la cura non è farmacologica (che può soltanto alleviare l’intensità dei sintomi fisici qualora fossero molto marcati e invalidanti), bensì psicologica. Che significa? “Come può uno psicoterapeuta ridurre le mie sensazioni di asfissia e la mia tachicardia solo con le parole? Magari sto per morire e invece di curarmi sul serio con dei farmaci lui mi parla?”.
Allora chiariamo la causa di tali disturbi, innanzitutto la patogenesi ancor prima della causa: nello schema sopra riportato si può vedere come l’ansia libera funga da segnale per il corpo che si prepara all’agire. Ci sono due passaggi fondamentali: se lo stimolo è ambiguo lo stato di allarme si prolunga fino a quando non si riesce a decodificare lo stimolo e quindi agire di conseguenza. L’altro passaggio è quando non si ha la possibilità di agire e quindi si permane in uno stato di allarme obbligato che prolungato nel tempo si trasforma in angoscia e depressione. Le reazioni di panico e di ansia sono reazioni fisiologiche normali di fronte ad uno stimolo realmente pericoloso oppure minaccioso. Nel primo caso abbiamo il panico, nel secondo caso abbiamo l’ansia generalizzata. Cosa cambia nel disturbo psicologico? Che lo stimolo reale non c’è, o meglio, c’è ma non si vede! È uno stimolo interno che attiva il sistema di allarme (riconoscimento) che invia un segnale per preparare l’organismo all’agire: stesse modificazioni corporee come se fossimo presenti ad un evento esterno.
Capire il segnale interno e riconoscere quale stimolo minaccioso/pericoloso ci mette in allarme o nel panico è centrale nella pscioterapia. Spesso ha a che fare con la propria sopravvivenza (uno dei principali sintomi psicologici del panico è la paura di morire): frequentemente l’innesco di un attacco di panico è un evento esterno apparentemente insignificante al quale l’individio non presta attenzione, ma dentro di sé è collegato simbolicamente alla morte, o alla possibilità di morire.
L’ansia generalizzata è collegata invece a sistemi di pensiero distorti:
Le distorsioni cognitive sono:
• Astrazione selettiva: l’attenzione si focalizza su alcuni dettagli, ma dimentica tutto il resto.
• Catastrofizzazione: vengono sovrastimate probabilità e conseguenze negative, mentre le evidenze contrarie scompaiono.
• Ipergeneralizzazione: le conclusioni e i dati relativi a qualche situazione vengono estesi a ogni nuovo scenario, ed eventi isolati vengono considerati la prova di veridicità.
• Inferenza arbitraria: si traggono conclusioni in modo arbitrario, senza evidenze che le giustifichino.
• Minimizzare/ingigantire: ci si orienta verso gli estremi, visualizzando come unica probabilità quella negativa e non considerando le eventualità positive.
• Lettura del pensiero: si ha la certezza di sapere che cosa gli altri pensino, senza possederne la minima prova, e si ritiene che altri provino verso di noi sentimenti negativi.
• Personalizzare: si mettono sempre in relazione a se stessi gli avvenimenti dell’ambiente circostante senza il sostegno di evidenze o prove che lo dimostrino.

Queste distorsioni del pensiero sono la punta dell’iceberg che mantengono l’individuo in una condizione di auto-incapacitazione conducendolo verso la svalutazione di ogni risorsa interna o esterna. L’emozione che sorregge tali forme di distorsione è la paura generata da eventi che riattivano un conflitto interno, più o meno arcaico in termini evolutivi, i cui due poli opposti sembrano apparentemente inconciliabili e precipitano l’individuo in una condizione di allarme per un sottostante, inconscio, pericolo. Allarme che poi viene confusamente collegato, come sopra riportato, ad improbabili cause organiche.
Come l’individuo abbia imparato a fronteggiare la paura fa parte della sua storia di vita: il suo stile di attaccamento, i suoi condizionamenti, i suoi adattamenti all’ambiente, il suo stile di coping naturale, la sua resilienza personale, la strutturazione dei suoi sistemi di riferimento. Come cambiare tali processi fa parte del processo terapeutico e dipende dal contratto di terapia e dal lavoro che si è pronti a fare su di sé per mettere in discussione i propri sistemi di riferimento che, seppur distorti o disfunzionali,  fino ad ora hanno offerto un supporto il meno dispendioso possibile in termini di sofferenza psicologica.

Bibliografia di riferimento

American Psychiatric Association. (2013). DSM-5. Milano: Raffaello Cortina.
Beck, A. T. (1976). Cognitive therapies and emotional disorders. New York: New American Library.
Burns, D. D. (1980). Feeling good: The new mood therapy. New York: New American Library.
Ruggieri, V. (1999). Mente Corpo Malattia. Roma: Il Pensiero Scientifico.
Schiff, J. L. (1980). Analisi transazionale e cura delle psicosi. Roma: Astrolabio.
Giovannoli Vercellino, C. (2008). Il disturbo d’ansia generalizzato: riflessioni teoriche e interventi. Neopsiche n. 5, 2008.